IO ERO LA MAGGIORE
Margaret Mead
La vicenda narrata, che fa parte dellautobiografia, è ambientata negli Stati Uniti verso la metà del nostro secolo, e ha come protagonista proprio lautrice che, in prima persona, racconta il suo ruolo di sorella maggiore. Ella ricorda tutti i fratelli e ne fa un ritratto vivace e molto profondo.
Richard, lunico figlio maschio, era buono, tranquillo e malaticcio tanto che a lui spesso erano proibite le cose che faceva Margaret.
Katherine, era una bimba molto dolce e delicata, ma morì a soli nove mesi, lasciando un grande vuoto anche nei genitori.
Le due sorelle più piccole, Elizabeth e Priscilla, avevano caratteristiche molto diverse. Poiché, essendo molto depressa, per un breve periodo la madre, dovette partire per Buckingham, da brava sorella maggiore, Margaret osservò più attentamente le due bambine e si accorse che Elizabeth era la più creativa della famiglia mentre Priscilla era bella ma piuttosto egocentrica.
Lautrice, mostra chiaramente di saper capire i rapporti tra i fratelli e ci fa il ritratto di una famiglia unita, nonostante le vicende familiari non siano state sempre felici.
La narrazione in uno stile chiaro e semplice, è però efficace e ricca di annotazioni sul comportamento e il carattere.
Questa scrittrice, secondo me, è stata molto brava nel delineare soprattutto i rapporti tra le sorelle. Infatti, molto acutamente, ella osserva che, nonostante i contrasti e le rivalità, queste donne finiscono poi per essere le migliori amiche. Inoltre mi ha colpito il fatto che Margaret ancora giovane, per linsorgere dei problemi familiari, ha dovuto assumere delle responsabilità che l'hanno spinta a maturare in fretta.
Anna Maria Terrano 2A
Io ero la maggiore di cinque figli. Ma ho pochissimi ricordi
della mia prima infanzia nei quali mio fratello non
abbia la sua parte. Ricordo la festa del mio secondo compleanno
e ricordo anche di aver rovinato, quell'inverno, le mie scarpe rosse
nuove uscendo nella neve. Poi in primavera nacque
Richard, e ben presto ci si aspettò che Margaret
e Richard facessero tutto insieme.
Avevamo l'abitudine di cenare insieme, con indosso la nostra
camicia da notte bianca (che ci copriva anche i piedi),
e mangiavamo zuppa di cereali o, domenica sera, il browis
fatto con gli avanzi secchi del pane scuro di Boston di
sabato e fagioli cotti al forno e inzuppati nel latte caldo.
Ci insegnarono a cantare insieme le stesse canzoni finché risultò evidente che
mentre Richard aveva una voce limpida e intonata, io non l'avevo affatto. Ci vestivano
perfino nello stesso modo, con abiti turchini dai bottoni di ottone e berretti
a tesa rigida e rotonda, mentre avrei desiderato appassionatamente
portare un cappello , ma solo a sette anni mi fu dato il permesso di portare un vecchio
cappello ricamato che una mia giovane zia aveva a casa nostra.
Richard era il mio fratellino . Era coraggiosissimo nel difendermi: si metteva davanti a me
e gridava: "Lasciate stare mia sorella!"
Ma era anche gracile e le sue frequenti malattie rafforzarono
l'iperprotettività di mio padre nei confronti
del suo unico figlio maschio . Ho pochi ricordi
di autentiche zuffe fra noi - una volta lui sfasciò
una bambola e un'altra il catenaccio dell'uscio
mia camera alla fattoria, picchiandolo con un martello, mentre
un'altra volta ancora fui sculacciata perché lo avevo
picchiato . Ma in complesso la nostra vita in comune
fu tranquilla e per nulla emozionante. Per la maggior
parte le birichinate che facevamo erano mie trovate , e tutte le volte che lui
cercava di nascondere una delle nostre malefatte
diventava rosso scarlatto sotto la pelle chiara, perché
era sincero in un modo imbarazzante.
Io desideravo con tutte le mie forze un fratello maggiore e anche
un fratello che fosse un vero e proprio " duro " .
Questo desiderio di un fratello più cattivo fu temporaneamente soddisfatto quando
ebbi tredici anni e venne ad abitare da noi per
due anni mio cugino Philip , mentre la sua casa veniva
abbattuta. Philip conosceva la cattiveria giovanile
come mio fratello conosceva la virtù , e così diventammo
sicuri alleati.
Di due anni più giovane e molto meno forte di me, a Richard
non solo venne proibito di fare quelle cose che mi erano vietate
perché ero una femmina, ma gli si impedì di praticare
molti dei giochi violenti permessi invece a me. E così,
invece di avere la sensazione di essere esclusa da un mondo maschile
constatai che il mio fratellino era tenuto
sempre in casa perché aveva il raffreddore o la tosse
o male a un orecchio . Il solo senso di frustrazione mi veniva dal fatto
di dover vestire come un ragazzo , anziché
essere agghindata come una bambina.
Quando avevo quattro anni e Richard due, nacque una sorellina
alla quale mi fu permesso di dare il nome di Katherine . Era una bimba
felice , sensibile , e noi ci divertivamo ai suoi scoppi di risa quando si
sfilava le calzine .
Una vota, quando aveva circa tre mesi, decisi che noi tre bambini
dovevamo staccarci dalla famiglia. Chiusi a chiave gli
usci dell'ala riservata a nursery e feci progetti disperati
per far fronte alla necessità dell'igiene e dell'alimentazione.
Il cibo, conclusi, potevamo procurarcelo di notte, quando tutti
dormivano , ma il problema del bagno , che era fuori
della zona chiusa, mi metteva in difficoltà. Katherine dormiva
tranquillamente mentre la mamma, parlando con una
voce bassa che dissimulava la sua disperazione, mi pregava
di aprire la porta. E finalmente, dopo un'ora, mi arresi.
Il Natale , quando Katherine aveva sei mesi, fu luminoso e felice .
All'albero erano appesi piccoli ornamenti viennesi e ai suoi
piedi c'era, per la più piccola, una bambola vestita con una
pelliccia bianca. Poi in marzo la sorellina morì. La casa per
due giorni divenne silenziosa e piena di spavento e così,
quando la nonna ci disse che Katherine era andata a raggiungere
il nonno , capii che cosa voleva dire.
Richard , invece , non comprese molto chiaramente quello
che era accaduto e per mesi vagò sconsolato per la casa
a cercare Katherine .
Io sapevo che era morta, però la mia sorellina perduta viveva
nelle mie fantasie. Dapprima mi immaginai una sorella gemella
perduta. Più tardi sognai che ritrovavo Katherine. E infine, quando
ero sui vent'anni, fantasticai che ero stata rapita per educare
una bambina; quando questa fu cresciuta, i miei amici riconobbero
che doveva essere stata mia scolara, infatti solo io potevo averla
educata così.
La morte di Katherine scavò un solco profondo nella famiglia.
Invece di essere cinque bambini in fila, l'uno dopo
l 'altro, ci dividemmo in due coppie. Le sorelle più piccole ,
nate due e quattro anni dopo, erano trattate come una
seconda famiglia e per anni vennero chiamate " le bambine " .
Con la morte di Katherine qualcosa mutò anche nei
rapporti fra i nostri genitori. Profondamente addolorato,
papà divenne schivo, non volendo più dare a un suo figlio
tutto l'amore che aveva dato a Katherine, e così Elizabeth
e Priscilla non ebbero mai da lui molto calore e tenerezza.
Il dottore Jarvis, che era stato chiamato durante la malattia di
Katherine, era giunto troppo tardi per salvarla, ma
noi eravamo convinti, chissà perché, che se fosse stato
chiamato in tempo l'avrebbe conservata in vita.
In questa atmosfera di estraniamento dovuto al dolore e
al dubbio fu concepita e nacque mia sorella Elizabeth . La
mamma ebbe una gravidanza assai difficile; anzi stette così
male per tutti quei mesi tormentati che più volte sembrò
fosse necessario farla abortire. Ma alla fine Elizabeth, di
sette anni minore di me, nacque urlando, ogni capello del
capo in antagonismo con il mondo che la circondava.
Subito dopo la sua nascita andammo a passare l'estate in
una villetta di campagna nei Poconos e un giorno la bimba
per poco non morì soffocata; la mamma, fuori di sé,
mi mandò di corsa a cercare un medico. Si ritenne necessario
infilare delle muffoline alle mani di Elizabeth per
impedirle di graffiarsi il viso e una volta, dopo che giocando
con un temperino proibito mi feci incidentalmente un taglietto
al naso, dissi che era stata la bambina a graffiarmi -
un peccato mortale che non ho mai dimenticato. Era
una bimba delicata, e in autunno fu di nuovo molto malata.
Non so se fu la nostra incertezza che restasse a lungo
fra noi oppure la sua vivacità e il suo fascino a conquistar
mi sino in fondo , ma certo è che ebbi l'impressione che
Elizabeth fosse stata mandata a prendere il posto della bimba morta.
Questa sensazione ebbe un effetto decisivo sulla mia vita ,
perché mi comunicò la fede incrollabile che ciò che si è
perduto si può ritrovare.
Elizabeth divenne la mia delizia. Molto presto la mamma
restò nuovamente incinta e la mia ultima sorella, Priscilla,
nacque solo diciotto mesi dopo . La nonna, che condivideva
la mia stessa gioia e preoccupazione per Elizabeth ,
si risentì per la nascita di un altro bimbo che avrebbe assorbito
le cure della mamma, e perciò si dedicò in modo
particolare a Elizabeth. Così la nuova creatura, più quieta e
tranquilla, entrò a far parte di una famiglia i cui membri erano
già, in un certo senso, occupati.
Priscilla, che ricevette il nome della nonna materna di papà,
nacque in casa. Con lei, di nuovo, ci furono due bambini
che potevano essere " appaiati" come lo eravamo stati
Richard e io. Dopo la nascita di Priscilla la mamma soffrì
di quella che oggi si definirebbe una depressione post partum,
e fu mandata a vivere presso un vecchio medico di
famiglia nella Contea di Buckingham. Noialtri abitavamo
a Swarthmore, in una grande e fredda casa d'affitto, così
fredda che di notte l' acqua gelava sui comodini. Quell'inverno
avemmo tutti la pertosse e a Natale la mamma tornò
finalmente a casa per curare le piccole che erano molto malate.
Esse cominciavano già a palesare chiare differenze di carattere ;
la nonna lo notò e mi affidò il compito di prendere appunti
sul loro comportamento - sulle prime parole
che Priscilla pronunciava e come l'una delle sorelline facesse eco
all'altra. Mi fece anche notare come Priscilla imitasse gli epiteti
e le grida che si scambiavano su e giù
per le scale la balia svedese e la cuoca irlandese, e come
Elizabeth cominciasse già a trasformare la vita in poesia.
Una volta, quando le si disse che il suo vestito era lacero,
rispose felice:" Sì, io sono l'uomo lacero !" Imparai a pren
dere quegli appunti con amore, continuando ciò che la
mamma aveva cominciato. Sapevo che aveva riempito tredici
notes su di me e solo quattro su Richard; ora il compito
toccava a me per le sorelline più piccole. Sotto molti
aspetti pensavo a loro come a bambine mie , che potevo
osservare , educare e ammaestrare.
Desideravo dare loro tutto ciò di cui avevo sentito la mancanza.
La cosa durò fino a che, quando ebbero rispettivamente otto
e dieci anni, regalai a ognuna di loro una catenina, e scoprii
che nessuna delle due aveva mai desiderato possederne una.
Le mie cure per le sorelline si adattarono perfettamente
al ruolo di regista delle feste di famiglia che mi ero scelta.
Mi sembrava un ruolo attraente . Non ritenevo di essere
carina e non avevo un particolare talento per la recitazione.
Ciò che mi dava il maggior piacere fu, specie negli anni successivi,
preparare la cornice entro la quale Priscilla
potesse far mostra della sua bellezza, Richard cantare ed
Elizabeth suonare e ballare per la nostra gioia.
Durante il periodo della nostra crescita fui sbalordita dal
contrasto fra le mie sorelle , Elizabeth era entusiasta, tenera,
affettuosa, devota. Priscilla era più egocentrica e
spaventosamente franca nel manifestare i suoi scopi. Faceva
un complimento a qualcuno e subito dopo precisa
va: "Ma te l'ho detto solo perché mi porti con te". Eccetto
un breve periodo della sua adolescenza, quando aumentò
troppo di peso e diventò quasi brutta e dovette portare
gli occhiali, fu di una bellezza straordinaria. Ma lei lo riteneva
un impiccio - una dote da coltivare , ma della quale
non poteva mai godere pienamente .
Sotto molti aspetti era la più americana di tutti noi. Quando
era bambina aveva un'amica intima, la figlia di un pasto
re. Nel descrivere il loro rapporto , parlava di questa
amica come della "figlia non comune di una famiglia comune ,
mentre io sono la figlia comune di una famiglia non
comune". Tra noi la vera , "strana" , la , "diversa" , era proprio
Elizabeth , la cui fantasia illuminava - e spesso tra
sformava in modo del tutto speciale e personale - i fatti
comuni del vivere quotidiano .
Il riflettere sui contrasti fra le mie sorelle mi ha portato
anche a pensare alle altre donne della famiglia di mia madre
e al modo in cui, una generazione dopo l' altra, coppie
di sorelle sono state intime amiche . In questo esse esemplificano
una delle caratteristiche fondamentali dei rapporti di parentela
americani. Le sorelle, mentre crescono
tendono a essere rivali fra loro e, da giovani madri, non
fanno che confrontare sempre, con un senso di emulazione,
i loro figli. Ma una volta che questi sono cresciuti,
le sorelle si avvicinano e spesso, da vecchie, diventano l'una
la compagna favorita dell'altra.
Oltre alle stesse rievocazioni dell'infanzia e ai loro rapporti
reciproci con i figli dell'altra, hanno in comune il ricordo
della stessa casa, lo stesso modo di dirigerla e gli stessi piccoli
pregiudizi sulla conduzione domestica, pregiudizi nei
quali riecheggia la voce della madre quando le ammoniva:
"Non riempire mai la teiera con l'acqua calda del rubinetto" ,
"Lava subito le tracce di uovo dai cucchiai d'argento" ,
"Prima asciuga i bicchieri" . Ma , soprattutto, forse, le
sorelle che sono cresciute insieme sanno come le loro fantasie
si siano intrecciate con le loro esperienze di vita,
Uno dei nostri ricordi più belli di ragazze è quello di un
Natale in cui arrivammo a casa in macchina da Chicago
in un'accecante tormenta di neve e celebrammo insieme
la festa gustando tutti i cibi che, una volta tanto, erano
generosamente a nostra disposizione .
Conservo una fotografia scattata quel Natale, l'unica occasione,
dopo la pubertà, in cui ci trovammo riunite tutte
e tre . La sorella minore di mia madre, quella nata subito
dopo lei, Fanny, è ora una vecchia e delicatissima signora.
Vive in una casa di riposo dove offre ancora cocktail
agli amici e ai parenti. Ogni tanto si lamenta che qualche
libro moderno che sta leggendo è difficile. Ha novantacinque
anni e vederla così allegra e cosciente del mondo che
la circonda procura una gioia straordinaria alle sue nipoti
e pronipoti. Tuttavia ella rimpiange ancora che sua sorella
Emil , mia madre, non sia più a dividere con lei questi
ultimi anni di vita.
( da M. Mead, L'inverno delle more, trad. di Q. Malfi, A. Mondadori)