LA MADRE
Giuseppe Fava
Il testo teatrale di Giuseppe Fava, è ambientato ai nostri giorni, in unaula di tribunale, dove si sta svolgendo linterrogatorio della madre del sindacalista Venero Alicata, ucciso con sette colpi di lupara e pistola nella valle del Busambra.
Venero Alicata, in questo dialogo, viene considerato in due modi diversi: la madre, lo presenta come un uomo che aveva lottato per un mondo dove non ci fossero più poveri e dove ognuno avesse le cose essenziali della vita; i giudici lo vedono invece come un rivoltoso che aveva offeso il pubblico potere, e aveva spinto alla sommossa.
Lautore, in questo testo, ci presenta una madre forte, che pur appartenendo ad una famiglia, anzi ad una classe sociale umile, si scaglia contro quelli che lei vede come cuori di una giustizia, che non le ispira molta fiducia ( io credo che nemmeno oggi la giustizia sia affidabile).
Rosalia usa un linguaggio che, nelle prime battute, esprime umiltà e dolore e via via si trasforma, facendola apparire una donna forte, impetuosa che usa parole pesanti ed anche a volte spietata, perché, colpita nei suoi affetti più cari, trova il coraggio di accusare gli uomini di legge e, accecata dalla disperazione, invoca su di essi la maledizione.
Questa lettura mi ha spinto a riflettere sul rapporto tra le donne e la giustizia e, in particolare, la forza di questa madre mi ha fatto pensare che le donne, più sensibili degli uomini, per certi versi, dovrebbero occupare delle cariche di responsabilità in seno alla magistratura per rendere più affidabile il meccanismo della giustizia.
Di Gregorio Orazio 2A
VOCE :Interrogatorio in Assise della madre del sindacalista Venero Alicata
ucciso con sette colpi di lupara e pistola nella valle del Busambra.
ROSALIA: I carabinieri non volevano che io lo toccassi nemmeno sui capelli...
Il giudice non vuole! E come potete impedire di fare una carezza a mio figlio...?
Stava disteso sulle pietre con le braccia aperte, il volto, il petto coperti di sangue...
Aaaahhh!
VOCE: Tuo figlio aveva fatto il maestro nelle scuole rurali e fu in quel tempo
che cominciò a fare comizi nelle campagne...
ROSALIA: Mio figlio voleva che non ci fossero più poveri, che ognuno avesse
le cose essenziali della vita, quelle che appartengono a tutti gli uomini...
VOCE: Faceva comizi, insultava il pubblico potere, aizzava alla rivolta, a
bruciare i palazzi, le caserme... Fu arrestato tre volte per violenza privata
e incitamento alla sommossa, diffamazione.
ROSALIA: Non riuscivano a lottarlo in altra maniera e perciò lo perseguitavano.
Infine lo hanno ucciso! Gli assassini sono in quest'aula...
VOCE: Ma tu non hai le prove...
ROSALIA: Ma debbo dirvelo io chi ha ucciso Venero Alicata? Voi dovete
portarmelo qui davanti, coperto di cancrena e con gli occhi strappati... E io
voglio vederlo morire sette giorni e sette notti di agonia prima di morire...
Voglio vedere qui sua madre e vedere come piange...
VOCE: Tu vuoi ad ogni costo una vittima per il tuo dolore...
ROSALIA: Signori giudici, voi dovete farmi giustizia... Voi non lo sapete
cosa vuol dire per una donna avere un figlio solo... Quando è piccolo,
una se lo vorrebbe rimettere dentro il ventre per tenerlo più caldo, tenerlo
al riparo... E invece lo vede crescere e diventare un uomo... non
possiede niente altro nella vita che quell'unico figlio...
VOCE: (imperiosa)
Rosalia Alicata!
(Ma i1 grido di Rosalia è ancora più alto e violento)
Mi dovete ascoltare...
(sembra che le manchi improvvisamente i1 respiro)
E poi se lo vede morto....
(di nuovo con un grido)
Si sono messi tutti d'accordo per ucciderlo, faceva paura a tutti... tutti
i padroni...
VOCE: Continui ad insultare la giustizia, i cittadini, la società, solo la
benevolenza del signor procuratore...
( di slancio Rosalia verso un altro punto del buio dinanzi a sè)
ROSALIA: Ma che uomo siete voi, signor procuratore, diritto là, con quel
mantello nero a rappresentare la giustizia se poi impedite di dire la verità
(Sta tremando. Di scatto verso un altro punto del buio dove forse è la
corte, poprio dirimpetto a lei, cioè tutto i1 pubblico che guarda)
ROSALIA: Signori giudici, ma non avete pietà? Ora siete tutti lì, con i vostri
abiti migliori a rappresentare la giustizia... Ma fuori di qui cosa siete?
Intanati nelle vostre case come topi, la gente viene perseguitata e uccisa
sulla faccia della terra, e voi cosa fate...? Mio figlio...
VOCE: (violenta)
Basta Rosalia...
Mi dovete fare parlare! Mio figlio lo uccisero perché si era ribellato,
lottava anche per voi, ma era solo... mio figlio stava gettato
in mezzo alle pietre, tutto il petto coperto di sangue... E io non volevo
capire che era morto... Mio figlio morto per sempre... Non me lo fecero
nemmeno toccare, io volevo solo lavargli gli occhi e le labbra, mi tirarono
anche per i capelli per trascinarmi via... Ma allora, quanto vale
la vita di un uomo in questo paese...
ROSALIA: Anche voi avete paura, ogni giorno sopportate cose terribili che
accadono intorno a voi... La povertà e la disperazione gli essere umani
abbandonati alla violenza... Per cosa siete disposti a sacrificarvi? Vi dovrebbero
uccidere i figli dinanzi agli occhi...
(Solo i suoi occhi, la sua voce che diventa sempre più lontana come se
dietro quello sguardo si spalancasse la vallata immensa del Busambra
battuta dal vento)
ROSALIA: Ma il giorno in cui toccherà a voi non riuscirete più a fuggire,
né la voce sarà così alta che qualcuno possa venire a salvarvi...
da I Siciliani, Cappelli, Bologna