I POVERI

CARLO CASSOLA

 

La vicenda narrata ne " I poveri ", scritto da Carlo Cassola, è ambientata nell'Italia del dopoguerra, tra i vicoli, le strade e le scalinate, di un quartiere popolare.

Le case qui erano modeste, anzi modestissime, a volte cadenti e con finestre piccole.

Il personaggio principale, quindi la protagonista, è una signorina che fa parte di un'associazione di volontariato, un'attività che dovrebbe manifestare la sua bontà e carità, ma che invece è esempio della sua ipocrisia. Infatti lei giudica i poveri che soccorre in modo negativo e distaccato.

La protagonista esprime una mentalità diffusissima nella borghesia, classe sociale superiore e indubbiamente agiata, dove ciò che conta è solo l'apparenza . Infatti il primo pensiero della protagonista è quello di apparire buona e caritatevole anche se questo non corrisponde alla realtà.

Secondo me (e secondo l'autore) si tratta quindi di un personaggio negativo.

I poveri diventano quindi personaggi di contorno nell'ambito della storia. In gravi difficoltà economiche e abbandonati a sé stessi, essi vengono descritti molto bene dall'autore. Il perno della storia secondo me, sta quindi nell'ipocrisia della protagonista. Io sono d'accordo con l'autore, perché fare le cose per apparire anche quando non si sentono, è quanto di più brutto possa esistere.

A me il testo è piaciuto proprio perché parla di due problemi ancora presenti nella nostra società: la povertà e l'ipocrisia.

Petralia Alessandro 3E

 

Arrivata alla scaletta, si fermò un momento, come per

darsi il coraggio sufficiente a compiere quella visita penosa.

Il quartiere si stendeva sotto di lei con la sua selva di

tettucci rossi, irti di abbaini e di comignoli. Sulla destra, era

limitato dalle mura; sulla sinistra, da una grande frana

bianca di detriti d’alabastro, risalita trasversalmente da un

sentierino.

Prima di iniziare la sua attività di visitatrice, la signorina

non ci aveva mai messo piede. Ora non c'era giorno, si può

dire, che non si avventurassero in quel dedalo di vicoli e di

scalette. L'inverno prima per il era caduta, proprio in

quel punto dove stava passando adesso, e ci s'era

lussata una spalla. Le case erano quasi tutte senza intonaco;

avevano finestre piccole, quadrate, con pentole e barattoli di

gerani sui davanzali.

- Buonasera, signorina - disse una donna seduta

sullo scalino di una porta. Si teneva sulle ginocchia una

bambina di cinque o sei anni.

La signorina si sentì in dovere di fermarsi:

- Come sta vostro marito?- chiese alla donna.

- Come vuole che stia – rispose quella. Era bruna,

ancor giovane, dalle forme piene: sarebbe stata una bella

donna, se non avesse avuto il viso butterato. - Sono sei

mesi che è fuori del lavoro. Come si può stare, in queste

condizioni?

- Ma di salute come sta?

- Di salute, starebbe discretamente... Alle volte la

notte ha un po’ di affanno.

Quello non vi deve preoccupare - disse la signorina.

- Io vedo che gli alabastrai, dal più al meno, un po'

d'asma ce l'hanno tutti. L'essenziale è che non abbia più

avuto attacchi di cuore. Non ne ha più avuti, vero?

- No, quelli no – rispose la donna -

Mi fa piacere - disse la signorina.

Sapete, la salute è la prima cosa. Per il resto… Il Signore provvede sempre.

La salute è la prima cosa, ma anche il lavoro…-

Bruscamente la donna mise da parte la bambina e si alzò.

Sono sei mesi, capisce ? che in casa nostra entrano solo quelli

del sussidio...

- Sì, sì, capisco - si affrettò a dire la signorina.

- Ha fatto domanda da dieci parti, ma dappertutto ha

avuto la stessa risposta, E sì che mio marito, lei lo conosce?

Non è per nulla esigente. Si adatterebbe a far qualsiasi

lavoro, pur di portare il pane a casa.

Neanche alla cooperativa dei boscaioli gli hanno dato

speranza ? - disse la signorina. - Io, ricordo, parlai col

signor Puccianti, e mi promise...

Sì, sì, belle speranze gli hanno dato alla cooperativa.

Prima di tutto, siamo nella stagione morta, e non c'èda

ad assumere nuovi operai. Bisogna lasciar passare

l'estate, così gli hanno detto, e poi, in autunno, si vedrà.

Già, e noi d'estate cosa si mangia? Sono queste le risposte da

dare a un padre di famiglia? - La donna aveva alzato la

voce : - Ma come si fa ad andare avanti in questo modo ? Me

lo dica lei, signorina, come si fa ad andare avanti? Ma cosa

vogliono, che uno si metta a rubare per portare un tozzo di

pane alla famiglia?

La signorina si era tirata leggermente indietro. La mettevano a disagio,

quasi le incutevano paura quegli occhi spiritati,

quella faccia pustolosa, quel tono di voce aspro.

Dalla porta accanto s'era affacciata una donnetta, assisteva alla scena.

- Bè... ora mi dispiace, ma devo andare - disse

finalmente la signorina. - Speriamo che vostro marito possa

trovar presto lavoro.

Lo so io cosa bisognerebbe sperare - fece la donna cupa.

La signorina aspettò ansiosa il seguito delle parole.

Temeva che quella uscisse fuori con qualche discorso sovversivo.

Non sarebbe stata la prima volta che ne sentiva fare

ad alta voce, in quel quartiere dove ogni tanto comparivano

anche scritte sui muri. - In un'epidemia, bisognerebbe

sperare: in un'epidemia che ci levasse dal mondo, me, quel disgraziato

del mio marito e questa creatura.

La signorina non poté frenare un moto di sollievo. -

Non dovete parlare così - disse. - Bisogna sempre sperare

nell'aiuto Signore. - E riprendendo il tono autorevole

che le era abituale : - Sentite una cosa, piuttosto : dove sta

Chiorboli ? Quel muratore che ha la moglie malata ?

Qui di sotto - rispose la donna, che era ricaduta

nella indifferenza. - L'ultima casa del vicolo. Vai ad accompagnarla, Tatiana

Non importa, grazie - si schernì la signorina; ma la bimba le se era messa al fianco.

Presero a destra per unascaletta, quindi imboccarono un vicolo cieco. La bimba

l'accompagnò fino alla porta:

-E' al secondo piano - disse, e svelta se ne tornò indietro.

Grazie, cara - fece la signorina.

Salì su per la scaletta buia. Al primo piano la porta era spalancata,

si vedeva una cucina in disordine, con un bimbo di

cinque o sei anni nudo in piedi su una sedia accostata

all'acquaio; la madre lo stava lavando, il bimbo piagnucolava.

"Potrebbero almeno chiudere la porta" pensò la signorina.

Quello che più la irritava nei poveri era la mancanza di

pudore. Salì la seconda rampa e si trovò davanti a una porta.

Al buio cercò il campanello o un battente, senza trovarlo;

stava per chiamare, quando si accorse che la porta era

soltanto socchiusa. La spinse ed entrò in una cucina, anche

essa al buio.

- Permesso - disse. Le rispose una voce o, più che una

voce, un lamento. - Sono la signorina Verdi. Vengo da

parte delle Visitatrici. -

- Avanti, signorina, avanti - piagnucolò la voce.

A tastoni la signorina attraversò la stanza e spinse una

porta. Subito fu colpita da un odore acre di sudore e di

orina. Andò alla finestra e la spalancò - Ah - disse

sollevata. - Un po' d'aria fa sempre bene - aggiunse

rivolta all'inferma.

Questa era una donna grassa, col faccione rosso sudato.

Stava sollevata sul letto con la schiena appoggiata a due

cuscini senza federe.

La signorina diede un'occhiata al lenzuolo, che era

piuttosto sporco, quindi si rivolse alla donna:

- Quant'è che siete malata? - domandò

- Un anno - rispose la donna ; - ma allettata proprio,

un mese.

- E ora come vi sentite? Un po' meglio?

- Ma che dice, signorina; mi sembra di perdere le forze

ogni giorno di più. Le gambe le ho gonfie, se vedesse,.. Se

non c'è qualcuno che mi aiuta, non sono nemmeno capace di

alzarmi per orinare.

- Si capisce, a stare a letto si diventa deboli. Chi è il

vostro medico, il dottor Carboni? - L'inferma fece cenno

di sì, - Cosa dice, quanto vi ci vorrà per rimettervi?

- Il dottore, senta, prima di tutto non viene mai; e

quando viene, non dà per nulla soddisfazione.

La signorina le rivolse qualche altra domanda (ormai,

con la sua doppia pratica di infermiera e di visitatrice, ne

sapeva quanto un medico), quindi prese la scatola di iniezioni

che era sul comodino e la considerò per un momento.

- Di queste, quante vi ha detto di farne ? Una ogni

giorno?

Una ogni due giorni - rispose l'inferma. - Viene a

farmele una donna…

- Ma chi vi assiste?- disse la signorina. - Vostro

marito, immagino, sarà sempre fuori per lavoro, ma non

avete qualche persona... che so, una sorella, una cognata?

- Ho una cognata, la moglie di mio fratello ; ma si

figuri, sta in campagna, ha quattro figlioli, non ha davvero

tempo di assistere me. Se ho bisogno di qualcosa, do una

voce a questa famiglia di sotto. Ma poi sto tutto il tempo

sola, si immagini un po' signorina... Sto qui sola, ad

aspettare la morte... - e la donna cominciò a piangere

chetamente.

- Via, non avvilitevi - disse la signorina. - Il vostro

stato non è grave, avete solo bisogno di un po' di compagnia

per risollevarvi il morale. Ora mi dispiace

ma vi prometto di tornare presto a farvi una visita.

Quando fu arrivata in cima ai centotrenta scalini, la signorina

emise un sospiro di sollievo. Non era solo il

sollievo fisico che fosse finita la salita: era anche il sollievo

spirituale che fosse finita la vista di quelle miserie.

Arrivata in chiesa, guardò subito verso il primo banco a

sinistra, dove si metteva sempre la marchesa Lastrucci ; e la

vide infatti, col cappellino e veletta; ma scorse anche la

nobildonna Ormanni, e allora sedette sulla prima panca

libera, accanto a una donnetta dagli occhi rossi, che biascicava

il rosario. Di lì a un minuto entrò il sacerdote, e la

funzione ebbe inizio.

In ginocchio, col viso nascosto fra le mani, la signorina

diceva una dopo l'altra le preghiere, ma il suo pensiero era

altrove. Ripensava ai suoi poveri e in un modo non

propriamente benevolo.

Quella donna che aveva il marito

disoccupato, tanto per cominciare, era tutta ingioiellata.

"E così, sono zingari, quando il marito lavora e guadagna,

spendono fino all'ultimo centesimo ; non pensano a metter

qualcosa da parte". Quanto all'inferma, su lei magari non

trovava nulla da ridire; ma possibile che la lasciassero in tale

abbandono ? Il marito, magari, finito il lavoro se ne andava all'osteria

invece di tornarsene a casa. E quella cognata che non s'era fatta

viva una volta, in tutto il tempo della malattia?

Fuori di chiesa trovò la marchesa, che si era liberata della Ormanni.

La marchesa si sorprese di vederla:

- Oh - disse - credevo che non fossi venuta. Sai,

che avessi fatto tardi…

No, no, sono arrivata in tempo. Ma ti ho vista con

Quella lì…

Cosa c'è di nuovo ? - la interruppe la Lastrucci.

- Nulla c'è di nuovo, cara Maria- rispose la signorina con enfasi.-sempre le

solite cose, miseria, malattie,

spettacoli di degradazione materiale e morale…

rimasero ancora a parlare per qualche minuto, e la signorina ebbe modo di dire altre

frasi patetiche; ma intanto non perdeva d'occhio la lattaia

che se ne stava sulla porta della bottega.

Aveva capito che voleva parlarle, e aveva

che si trattava di una raccomandazione per il cognato

Ma stasera era troppo stanca per ascoltarla. Perciò quando la vide occupata

con gli avventori, si affrettò a prender congedo dall'amica.

Si abbracciarono e baciarono, come tutte le sere;

quindi la marchesa, appoggiandosi al bastone

si avviò pesantemente verso la piazza. Dal canto suo

la signorina svelta entrò nel portone. Una volta in casa si cambiò poi

passò nella stanza che le serviva da

ufficio, da salottino da lavoro e da sala da pranzo. Era una

stanza piccola, e non certo più allegra delle altre, perché

dava su una corte che era un vero e proprio pozzo, dove il sole non

scendeva mai Inoltre era la più frigida della casa. Ma tant'è,

in quella stanza la  signorina passava le sue giornate.

Il mobilio consisteva in uno scrittoio, una poltroncina

di vimini, un'altra sedia, una credenza e due scaffali su

erano allineati i pochi libri che la signorina possedeva: vite di santi,

altri volumi di argomento religioso, e poi tutte le pubblicazioni del Touring

Club, di cui era socia da molti anni.

La signorina non aveva mai avuto l'abitudine di leggere molto.

Viaggiare, questo si, le sarebbe piaciuto ; ma essendo sola, non se ne

era potuta levare la voglia.

Più che altro aveva approfittato dei pellegrinaggi

per vedere un po' di mondo. E durante la guerra era stata infermiera

a Salonicco.

Prima di cena, ebbe il tempo di scrivere una lettera. Dopo mangiato,

leggiucchiò l'Osservatore Romano, a cui era abbonata.

Stava per andarsene a letto quando suonò il campanello.-

- Vittoria - chiamò la signorina. Vittoria stava rigovernando

e siccome era un po' sorda non sentì.

Con una espressione sofferente, la signorina andò lei ad

aprire. Era lattaia. La signorina accentuò l'espressione

sofferente.

La lattaia si scusò di essere venuta a quell'ora, ma, disse,

durante il giorno era sempre occupata col negozio... - Un minuto solo,

signorina. - La signorina la fece passare nel

salottino, ma non le disse di sedere. - Venivo per quel mio cognato

- riprese la donna. - Lei sa, quello che è infermiere

all'ospedale.., - La signorina disse che ricordava

benissimo. Era stata lei stessa, un paio d'anni prima, ad

adoperarsi perché fosse assunto.

Si trattava di questo: ora che il capo-infermiere aveva

raggiunto i limiti di età, si sarebbe liberato un posto

nell’organico : era l'occasione per far entrare in

pianta stabile il cognato. C'era un altro aspirante, che aveva

meno anzianità e che inoltre era scapolo.

Ma, a quanto risultava a suo cognato,

aveva l'appoggio del Fascio...

-- Capisce, signorina: se mio cognato potesse entrare in

pianta stabile sarebbe tutta un'altra cosa. lntanto, la paga

verrebbe ad essergli raddoppiata, e poi avrebbe la sicurezza

per l'avvenire... Perché un avventizio può esser sempre

mandato via da un momento all'altro. Basta che cambi il

direttore... -- Non soltanto il cognato aveva diritto perchè

più anziano e per il carico famiglia; ma era anche un

lavoratore, che all'ospedale si era fatto benvolere, tanto dai

malati che dalle suore... - Non chiediamo mica un favoritismo,

signorina; chiediamo il giusto. Provi a domandarlo alle

suore, se sono contente di lui….

E’ vero che maltratta la moglie?-- disse improvvisamente la signorina.

-- Mi hanno detto che la picchia.

La lattaia rimase sconcertata; ma si riprese subito:

-- In famiglia, questo è vero, non vanno tanto d'accordo.

Ma, cosa crede? La colpa di tutto, è la miseria. Quando

un uomo porta a casa centoventicinque lire la quindicina, e

con quelle deve pagare l'affitto, il carbone, la luce, e dar da

mangiare a quattro bocche, lei capisce che centoventicinque

lire ogni quindici giorni non bastano certo. E allora, per

forza, lui è di cattivo umore, la moglie Io stesso, e le

occasioni dei litigi non possono mancare.

Ma voi un po' d’aiuto glielo date.

Qualcosa, certo, gli diamo - disse la donna - dopo

tutto si tratta di mia sorella, dei bambini di mia sorella... E

mio marito, è il primo lui a dire: aiutiamoli. Come se fossero

parenti suoi.. ,

La signorina promise che avrebbe messo una buona

parola per il cognato - La porta, la trova da sè - disse

interrompendo i ringraziamenti della lattaia.

Passò di cucina a dir qualcosa alla donna, e si ritirò in camera.

La camera era piccola, imbiancata a calce; e a differenza

delle altre stanze, era semplice e nuda. In camera la signorina

aveva voluto appunto ispirarsi a una nudità francescana. La

chiamava "la mla celletta". Dalla ringhiera del letto di ferro

pendeva un ramo d'olivo; sopra il cassettone una stampa a

colori raffigurava San Francesco nell'atto di ricevere le

Stimmate.

La signorina si spogliò si tolse Io scapolare, infilò la

camicia da notte, poi davanti allo specchio del cassettone

sciolse i lunghi capelli grigi. Quindi si coricò e spense la

luce.

Mentre le sue labbra mormoravano i Pater, gli Ave, i

Gloria e i Requiem, e poi una preghiera speciale composta

dal Papa per le Terziarie, la sua mente era occupata altrove.

Dal vlcolo venivano voci e risate. Per l’appunto li sotto c’era

una bettola, ancora voci, ancora risate, poi una sonora

bestemmia.

"Sono proprio bestie" pensò la signorina. Si rivoltò su un

fianco, Era ormai vicina ad addormentarsi, quando si

ricordò che anche quel giorno aveva pensato male e sparlato

della Ormanni. Si disse che doveva tenerlo a mente per la

confessione.

                                         ( da Carlo Cassola, I poveri, in La visita - Torino Einaudi 1962)